L' errore è sempre lo stesso: ragionare secondo il concetto di altri paesi non avendo la capacità di dare l'impronta intellettuale di sé stesso, ovvero di italiano che si è. Bene, parliamo di Afghanistan e di quanto sta accadendo in quel Paese. I talebani di oggi non sono i talebani di 20 anni fa; non sono i talebani della caduta del regime islamico prima del 2001, ma sono i talebani cresciuti con i soldati delle forze alleate; parlano inglese, italiano, spagnolo eccetera; da bambini hanno mangiato le tavolette di cioccolato dei nostri soldati e una volta più grandi hanno appreso il senso dell' alleanza al di là della religione islamica. Inoltre, hanno un ideale politico-religioso teso a sostenere la propria cultura mediante un contesto giuridico ed economico dell'Islam per costituire un Emirato. Ed è qui che casca l' asino: lo spettro dell'Emirato islamico dell'Afghanistan fa temere per i diritti delle donne e le libertà individuali senza pensare che in quel paese c'è di peggio: tanta ignoranza e arretratezza. E su questo talebani o no il 'pensiero' corre in particolare verso le donne costrette a subire violenze all’ interno del matrimonio. I mariti pretendono il sesso dalle mogli o la disperazione che obbliga le stesse a chiedere il permesso al marito per poter uscire di casa. Una circostanza peraltro già discussa alcuni anni addietro, quando si mobilitarono numerose associazioni contro il governo afghano che aveva legalizzato, tra le altre cose, lo stupro all’ interno del matrimonio. Nella nuova versione della legge, infatti, non c’è più alcun riferimento alla legittimità per il marito di pretendere il sesso dalla moglie. Di fatto, però, le stesse circostanze non sono cambiate nonostante la legge continua a contenere la disposizione secondo la quale un uomo non è costretto a mantenere la moglie se questi non ha “accesso” in lei. E come se non bastasse, in Afghanistan ci sono ancora i matrimoni forzati, matrimoni di bambine; le donne non hanno accesso alla proprietà, non possono divorziare. La questione perciò non può essere sottovalutata, non tanto per il fatto che ciò riguarda i diritti umani, ma soprattutto mette in evidenza l’ ulteriore difficoltà dei contingenti dell’ Alleanza Atlantica in quel territorio arretrato socialmente e culturalmente; non si può portare allo sviluppo un territorio quando la metà del popolo è oppresso dalla propria cultura rozza e arretrata. L’ Afghanistan è un paese perennemente oggetto e soggetto di politiche e conflitti a causa del controllo del territorio geograficamente posizionato al centro di un complesso crocevia di interessi e traffici, se pur privo di risorse. Qui, mai nessuno ha saputo risolvere i tradizionali problemi dando modo di permettere al tribalismo e alla corruzione di avere sopravvento su ogni forma di sviluppo del paese. A questo si è aggiunto l’evento disastroso dell’ 11 settembre che a sua volta ha definito una politica d’ azione che non ha permesso di integrare il processo di ricostruzione del paese. In tutto questo si rivede la difficile ripresa delle attività politiche ed economiche, ma soprattutto lo scenario in termini di sicurezza. questo uno dei motivi per cui il presidente Usa, Joe Biden ha voluto che i militari si ritirassero. Di certo il modo con cui lo ha fatto non è stato elegante, ma forse neppure si aspettava quanto è accaduto al punto di aver messo in allarme tanta gente che lavorava per conto delle forze alleate; avrebbe dovuto, invece, evacuare prima i civili e il personale dell'ambasciata e gli altri per ragioni di sicurezza. Anche se il leader dei talebani ovvero il mullà Abdul Ghani Baradar ha detto e dice ancora: “Lavoreremo con tutte le forze per garantire legge, ordine e una vita migliore”. Vedremo!
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