GIORGIA MELONI E IL SUO ESSERE ITALIANA

Poco importa se di destra, è modello di riscatto per le donne di un Paese ancora in via di sviluppo  

  - Il corsivo -  

Successo ottenuto sia per la magnifica strategia politica, sia per le argomentazioni relazionate con logica serrata, in modo particolarmente abile e persuasiva di donna leader proiettata quale esempio di riscatto culturale e sociale della nostra collettività, Giorgia Meloni. Non è facile essere donna. Non è facile associare lavoro, casa e famiglia, soprattutto figli e politica, pur avendo le redini fra le mani grazie alla dialettica convincente di personaggio politico, specialmente se appartenente ad un partito della destra in un paese quale l' Italia di origine contadina e con una "Questione Meridionale" rimasta come il cappello all' appendiabiti. Lo sappiamo tutti: Giorgia Meloni è un personaggio politico che dal 2006 al 2008 è stata vicepresidente della Camera dei deputati e dal 2008 al 2011 ministro per la gioventù nel quarto governo Berlusconi. È stata presidente della Giovane Italia, dopo aver ricoperto la medesima carica in Azione Giovani e Azione Studentesca. Questo per dire che la leader di Fratelli d' Italia non è neofita della politica, ma è donna il cui sostantivo, vuoi o non vuoi, oggi come oggi, per ragioni avverse o favorevoli della politica, rileva il valore collettivo assunto a rappresentare l' intera componente femminile della società italiana. La donna che tutti chiamano "la Meloni" è leader e non copre alcun ruolo di secondo piano all'interno del partito. Poco importa se rappresentante di destra; le sue paure, le sue ansie i timori, hanno fatto di lei stessa una donna che ha aperto non un capitolo, ma una nuova storia della politica italiana e della donna italiana che manifesta la determinatezza femminile per il riscatto nella radicalizzazione della sottomissione della donna in un Paese per certi versi ancora in via di sviluppo. Realtà quest'ultima già maturata nel contesto postunitario (Italia 1861). Situazione di persistente arretratezza nello sviluppo socio-economico delle regioni dell'Italia meridionale. Tuttavia il ventennio fascista fu interessato ad allargare il proprio consenso mediante una crescita economica che sostenesse la sua politica espansionista. Come? Con una serie di opere pubbliche attraverso vari organismi quali l'Istituto per la Ricostruzione, meglio conosciuto come IRI, un ente pubblico economico italiano con funzioni di politica industriale, istituito nel 1933, durante il fascismo, appunto, nel dopoguerra, allargò progressivamente i suoi settori di intervento e divenne il fulcro dell'intervento pubblico nell'economia italiana la cui attività poi cessò nel 2002. E che dire dell 'Istituto Mobiliare Italiano (IMI), una banca di credito a medio e lungo termine, divisione del Gruppo Bancario ISP oggi facente parte del gruppo Sanpaolo Imi. Accorgimenti questi se cosi si possano definire, per dotare di infrastrutture i territori più depressi dell'Italia meridionale. Migliorati poi i porti di Napoli e Taranto; costruite alcune strade, ferrovie e canali; intrapresa la costruzione dell' acquedotto Tavoliere Pugliese e, soprattutto, ideato un ambizioso piano di bonifica integrale. Tutto questo però non riusci comunque a soddisfare le esigenze di quel meridione mortificato precedentemente dall' era liberale di Cavour durante la quale furono trasferite al Nord,  industrie e centri di sviluppo economico e sociale. Il piano di Cavour, "Piemonte, in Italia ed in Europa", doveva significare: moderne istituzioni, libertà di stampa, scuole ed innovazione nella finanza, agricoltura, industria, infrastrutture, trasporti e comunicazioni. Questo per dire che il contadino e la sua terra erano i pilastri della sola e misera economia del Nord e con essi non mancava il profondo analfabetismo specialmente da parte delle donne sottomesse, più di quanto lo erano le donne del Sud. Quest'ultime benestanti, istruite dalla cultura borbonica. E comunque le stesse iniziative, seppur propositive, del fascismo, furono realizzate con lo scopo di non ledere quella borghesia locale sostenitrice del fascismo stesso del meridione, che frenò l' emancipazione della donna. Il fascismo tutelava la donna qualora fosse dedita alla famiglia, all'accudimento dei figli e alla casa quale dimora per la tranquillità. Oltre, la donna non poteva andare seppur istruita. Anzi, l'economista Ferdinando Loffredo, intellettuale e stratega d'ispirazione fascista, sostenitore convinto della dottrina di destra mussoliniana, nella sua Politica della famiglia, nel 1938, stila un documento su cui scrive: "La indiscutibile minore intelligenza della donna ha impedito di comprendere che la maggiore soddisfazione può essere da essa provata solo nella famiglia, quanto più onestamente intesa, cioè quanto maggiore sia la serietà del marito". Storia questa, per non dire acqua passata, ma ch' è e rimane comunque una questione non risolta; le nuove generazioni della politica italiana neppure conoscono né hanno voglia di studiarla. Ciò che vale però, nonostante tutto, è la intellettualizzazione della donna di oggi che vede una Italia al femminile che ha tanta voglia di riscattarsi in molti campi, uno tra i quali, nella politica di questi anni. E la vittoria schiacciante di Giorgia Meloni fa da monito di speranza attraverso l'operato di una donna al vertice di un governo proiettato a valorizzare determinate misure morali e intellettuali  in una società peraltro anche corrotta dall' uomo mediocre che più volte te lo trovi a gestire il potere nel proprio ambito lavorativo senza essere preparato o strafottente nei confronti di chi lo circonda, spregiudicato per nasconde l'insicurezza. L' uomo italiano dell'attuale classe politica è zero. E Giorgia Meloni è sì leader di un partito di maggioranza, ahimè di destra, ma è soprattutto esempio di donna dal "savoir faire", anche se definita dagli avversari componente parlamentare dalle posizioni conservatrici e gerarchiche. No, invece, Giorgia Meloni e il suo essere italiana oggi hanno messo fine al pregiudizio fascista di un tempo. Ha cancellato l'impronta di quella dottrina intenta a disperdere, e non a promuovere, il cambiamento della donna e della sua evoluzione culturale, limitando ad ella lo spazio pubblico e la rispettiva autonomia. Concludendo: E' idiota chi definisce "fascista" questa donna garbata della Garbatella, che riveste, seppur di destra, un ruolo di alta responsabilità quale quello di statista italiano ed europeo.  


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Commenti

Stefano ha detto…
Bravo, Enzo. Sei un professionista serio ed obiettivo, capace di cogliere l'essenza della logica. Sono,benché difede politica di altro versante,d'accordo con te. Complimenti.